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Editoriale
pag. 3 |
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Archivio e Conservazione |
Berselli Silvia |
La conservazione di stampe su carta albuminata
pagg. 4 - 8
abstract
Tra i vantaggi delle nuove carte a sviluppo, alla gelatina e al collodio, introdotte sul mercato dal 1880, uno in particolare veniva apprezzato: la loro “inalterabilità” nel tempo. In questo si distinguevano dalle carte all’albumina soggette a sbiadire con il risultato negativo di un progressivo ingiallimento dei toni delle immagini. Rodolfo Namias attribuiva il deteriorarsi delle carte/stampe all’albumina a viraggi imperfetti, fissaggi con soluzioni vecchie o deboli, montaggi su cartoni di cattiva qualità. Qui si descrivono le principali alterazioni a carico delle stampe all’albumina, le cause, i criteri per una corretta conservazione
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Fondo Novarese |
Novarese Bruno |
Fotografo in guerra
pagg. 9 - 12
abstract
Nato a Torno nel 1918, Bruno Novarese inizia a lavorare come ritoccatore nello studio Donaggio, all’età di 16 anni, subito dopo aver conseguito la licenza media (conseguirà più tardi, durante una licenza di guerra nel 1943, la maturità artistica). Opererà come fotografo alla Rotocalco Dagnino, fino al 1939, quando è chiamato per il servizio sotto le armi e viene assegnato alla Compagnia fotocinematografisti. Nel 1940 è in Libia, componente della sezione fotografica del Superlibia (Comando Superiore della Libia)
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Redazione di «AFT» |
Nota
pag. 12
abstract
Descrizione del fondo di fotografie di Bruno Novarese conservato dall’Archivio Fotografico Toscano: oltre 6.000 negative databili tra gli anni Quaranta e la metà degli anni Cinquanta. Un grosso nucleo, costituito da oltre 2.000 immagini, riguarda gli anni in cui il fotografo era soldato in Libia, tra il 1940 e il 1943, le restanti 4.000 riferiscono all’attività professionale che avviò a Firenze alla fine degli anni quaranta dopo aver lavorato per un certo periodo a Roma presso la Publifoto, come fotogiornalista
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Metodi, Storia e Fotografia |
Triulzi Alessandro |
Fotografia coloniale e storia dell'Africa
pagg. 39 - 42
abstract
La scarsa attenzione degli storici per la fotografia è motivata in parte dalle difficoltà che si incontrano a riconoscere i soggetti e dal cattivo stato di conservazione degli archivi ai quali non sempre è facile accedere. Di contro governi e istituzioni pubbliche nell’Ottocento riconoscevano alla fotografia un ruolo importante, come mezzo per documentare e far conoscere i risultati della propria attività. La tesi di chi scrive è che la storia dell’Africa ha portato alla riscoperta della fotografia coloniale la quale di riflesso riporterà alla storia dell’Africa. L’immagine tramandata dalle fotografie, a partire dall’Ottocento, parla di due Afriche: una di maniera in linea con l’oleografia coloniale, l’altra più genuina e al di fuori dei canoni ufficiali. Di queste due Afriche offrono testimonianza e conferma due archivi: della Società Africana d’Italia di Napoli e della Fototeca Ufficiale delle Colonie Italiane di Roma
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I Nostri Antenati |
Labanca Nicola |
Uno sguardo coloniale. Immagini e propaganda nelle fotografie e nelle illustrazioni del primo colonialismo italiano (1882-1896)
pagg. 43 - 61
abstract
La prima fotografia coloniale italiana, più che all’azione di un ministero o di un comando militare sull’esempio di quanto accadeva in Inghilterra, era opera di privati cittadini e singoli “amatori”: Ledru, Fiorillo, i frateli Nicotra, Naretti, e viaggiatori come Martinori, Traversi, padre Bonaventura Piscopo. Le fotografie offrivano un’immagine celebrativa dove di rado e con parsimonia apparivano l’Africa e gli africani, il loro lavoro, la loro vita. Ad essere rappresentata era soprattutto la vita coloniale, e dal momento che le foto erano quasi sempre fatte da militari, veniva provilegiata la vita dei caffè, delle cantine, dei circoli. Agli stessi canoni si rifaceva l’editoria e la stampa illustrata, sia borghese che popolare: la vita reale delle popolazioni indigene era ignorata a vantaggio di un’immagine olografica e di maniera dove il binomio “cammello” e “palma” la faceva da padrone: facce nere, ascari, soldati del Negus, nostri militari e soprattutto due miti: i militari caduti e la figura di Baratieri
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Mignemi Adolfo |
Modelli visivi per un impero. Fotografia ufficiale e privata nei mesi della campagna militare in Etiopia 1935-1936
pagg. 62 - 67
abstract
Nel 1935, quando le armi italiane si mossero per una nuova conquista coloniale, la “grande proletaria” si abbandonò all’avventura africana con una manciata di sogni e una riserva illimitata di retorica che ben presto si esaurì di fronte alla presa d’atto che l’avventura militare altro non era che una guerra. Di essa rimase, unico bottino, la rappresentazione che ne davano le fotografie delle quali parla abbondantemente l’antologia delle lettere scritte dai soldati a Maria Uva incaricata di organizzare a Porto Said manifestazioni patriottiche per accogliere le truppe. Sul versante dell’immagine ufficiale si assiste alla nascita di un sistema di organizzazione dell’informazione con la creazione del Ministero della Stampa e della Propaganda e l’annessa sezione decentrata che aveva tra i propri compiti quello di raccogliere e distribuire le fotografie. In Africa operava anche l’Istituto Luce il cui archivio conserva qualcosa come 16.000 immagini
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Qualche libro |
Tempesti Fernando |
Filippo Rocci o il segno della posa
pagg. 68 - 69
recensioni
Filippo Rocci e la fotografia pittorica.Ritratto di gentiluomo con camera. A cura di M. Miraglia. Roma, Argos, c1987; M. Schipa, L'ultima scuola di Settembrini. Napoli, [s.n.], 1932
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Lusini Sauro |
Fotografia d'arte
pagg. 69 - 70
recensioni
Luci e Ombre. Gli annuari della fotografia artistica italiana 1923-1934. A cura di P. Costantini e I. Zannier. Firenze, Alinari, [1987]
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Antichi e difficili |
Gasparini Laura |
Il Fondo della Biblioteca muncipale "Antonio Panizzi" di Reggio Emilia
pagg. 71 - 74
abstract
Elenco dei libri di contenuto fotografico possedute dalle biblioteche Municipale e Civica Popolare, riunite nella Biblioteca Municipale "Antonio Panizzi" di Reggio Emilia
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Appendice |
Greco Andrea |
Squadriglia autoblindo
pagg. 75 - 79
abstract
La figura di Orlando Lorenzini, la leggenda che circondava la sua persona, la fama che si era guadagnata in Libia nella lotta di repressione contro i patrioti ribelli vengono qui ricostruiti attraverso un nucleo di fotografie che permettono di fare luce su fatti e circostanze riguardanti gli italiani in Libia, con uccisioni e torture. La responsabilità di quei fatti e misfatti è in gran parte da attribuirsi alla Squadriglia autoblindo comandata dal capitano Lorenzini che negli anni ’20 combatté per domare la rivolta guidata dal capo beduino Omar Muchtar. Le fotografie recuperate furono scattate per la gran parte in Cirenaica tra il 1925 e il 1931
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