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Editoriale
pag. 3 |
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Archivio e Conservazione |
Ferrari Oreste |
Qualche riflessione su questioni di censimento e conservazione
pagg. 4 - 6
abstract
Notevoli progressi sono stati compiuti in Italia per ciò che attiene la conoscenza e tutela del patrimonio fotografico, ma manca ancora una soluzione valida che affronti con sistematicità i problemi della conservazione a partire dalla diagnostica. Censimento e diagnostica, a parere di chi scrive, dovrebbero procedere di pari passo per poter conoscere i comportamenti e l’uso personalizzato dei materiali da parte dei singoli fotografi, inoltre per risalire ai fattori che hanno predeterminato l’evolversi delle condizioni conservative. Viene presa in esame inoltre la scheda messa a punto dall’ICCD nell’ambito dell’operazione “giacimenti culturali” e valutata la necessità di poter contare su figure professionali valide in grado di esperire correttamente la fase di rilevamento diagnostico
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Berselli Silvia |
Le stampe su carta albuminata
pagg. 7 - 10
abstract
La quasi totalità dei positivi ottocenteschi conservati negli archivi è costituita da stampe su carta all’albumina, un tipo di carta nella quale il legante per i sali d’argento è costituito dall’albume delle uova. Rispetto alle carte salate utilizzate in precedenza, la carta all’albumina garantiva, grazie alla compattezza del legante, una superficie più levigata, priva di ruvidità, che permetteva di ottenere stampe nitide e ben contrastate con una migliore definizione nei dettagli. Il primo manuale in Italia a riportare la descrizione di questo tipo di carta e del relativo procedimento di stampa fu il "Plico del Fotografo" di Giuseppe Venanzio Sella nel 1856. Le carte all’albumina, conosciute in numerose varianti, erano impiegato per lo più in abbinamento con negativi al collodio; molto praticato il viraggio. La produzione di questo tipo di carta conobbe un notevole incremento con la diffusione della fotografia stereoscopica, per essere poi sostituite alla fine dell’Ottocento dalle carte a sviluppo alla gelatina
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Fondo Cini Dazzi |
Goti Oriana |
Nota
pagg. 11 - 12
abstract
Descrizione dell’album formato da 52 carte grigie sul cui recto sono incollate, al centro, una o due delle 66 fotografie (più tre staccate) fatte da Stefano Sommier durante la spedizione in Russia, dalla Siberia al Caucaso, nell’estate del 1887. La scritta a mano riportata sulla controsguardia recita “Iter Rossicum. Viaggio dello zio Stefano Sommier a Ekaterinburg, Urali, Astrakan, Vladikavkaz, fatto durante l’estate 1887 per studi etnografici. Scelta delle fotografie fatte da lui durante questo viaggio. Elena e Alberto Karhnstoven, Firenze, 1928”
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Sommier Stephen |
Note di viaggio
pagg. 13 - 22
abstract
Trascrizione di alcuni brani del resoconto fatto alla Società Italiana di Antropologia e Etnologia da Stefano Sommier al rientro dal viaggio in Russia nell’estate del 1887. L’occasione del viaggio era stata offerta dall’incarico che la Società gli aveva assegnato di rappresentarla all’Esposizione Uralo-Siberiana di Ekaterinburg. Il testo venne pubblicato sull’Archivio per l’Antropologia e l’Etnologia nei volumi n. XVIII del 1888 (pp. 215-257) e n. XIX del 1889 (pp 117-157). Durante il viaggio Sommier aveva scattato numerose fotografie
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Chiozzi Paolo |
Stephen Sommier: etnologia ed etno-fotografia
pagg. 23 - 31
abstract
Stefano Sommier è più noto ai naturalisti che agli etnologi che lo associano di solito a Paolo Mantegazza. Nato a Firenze da genitori francesi nel 1848, fa parte del nutrito gruppo di studiosi che alla fine dell’Ottocento gravitavano attorno alla Società Italiana di Antropologia e Etnologia. I suoi studi come botanico hanno riguardato in particolare la flora delle isole del Tirreno, come etnologo ha compiuto numerosi viaggi per raccogliere dati e osservazioni che poi ha pubblicato in saggi e libri. Nel 1878, con Mantegazza, visita la Lapponia, due anni dopo la Russia fino alla Siberia, nel 1884-85 torna in Lapponia e nel 1887 di nuovo in Russia, infine nel 1890 visita il Caucaso. Molte le fotografie che realizza durante i viaggi attenendosi ai criteri definiti da Enrico H. Giglioli nel volumetto pubblicato in collaborazione con Arturo Zannetti nel 1880 "Istruzioni per fare le osservazioni antropologiche ed etnologiche"
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I Nostri Antenati |
Miraglia Marina |
Guglielmo Pluschow alla ricerca del bello ideale
pagg. 62 - 67
abstract
Autore di raffinata cultura, Guglielmo Pluschow non gode tra gli storici della fotografia della fama e del prestigio che vengono invece riconosciuti al cugino von Gloeden. Motivo di tutto ciò forse la penuria di fonti biografiche attendibili e il mancato ritrovamento dell'archivio al punto che si è anche dubitato della sua esistenza. E’ quasi certo invece che Pluschow, nato a Visman nel Mecklemburg nel 1852, iniziasse a fotografare prima del cugino il quale probabilmente apprese proprio da lui i primi rudimenti in occasione del viaggio a Napoli nel 1876-78. Alla fine dell’Ottocento Pluschow si trasferì da Napoli a Roma dove subì, tra il 1902 e il 1908, forse nel contesto dello scandalo che vide coinvolto l’industriale tedesco Krupp, un processo con condanna per lenocinio e corruzione di minore
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Qualche libro |
Labanca Nicola |
Immagini ufficiali della Grande Guerra
pagg. 68 - 69
recensioni
L'immagine della guerra. Piacenza Palazzo Farnese 22 aprile-26 novembre 1988
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Labanca Nicola |
La scuola del fotografo di guerra
pagg. 69 - 70
recensioni
G. Casadio, Immagini di guerra in Emilia Romagna. Ravenna, Longo, 1987
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Documenti |
Barletti Emanuele |
Firenze scomparsa. Di un elenco di fotografie del 1896
pagg. 71 - 79
abstract
I Fratelli Palombi pubblicarono nel 1896 l’Elenco delle fotografie concernenti il Centro di Firenze all’epoca del suo riordinamento, tra il 1892 e il 1894. Le fotografie raggruppate in tre nuclei distinti riguardavano: i ruderi romani, le case medievali e d’interesse storico-artistico, alcune vedute dell’antico centro. Il saggio prende in esame principalmente le foto del secondo raggruppamento che l’autore ha rinvenuto a Firenze presso la Biblioteca Comunale e l’Archivio Fotografico della Soprintendenza. Le fotografie mostrano stemmi, cornicioni, architravi, porte, finestre, balconi, facciate, e si rivelano una documentazione unica per una Firenze che non c'è più. Per la realizzazione della campagna fotografica si ricorse all’inizio ai fotografi professionisti fiorentini, poi per risparmiare si provvide da parte delle stesse persone incaricate dei lavoro di riordinamento: il professor Corinto Corinti e il suo assistente Fabrizio Lucarini. L’intera documentazione prodotta subì negli anni alterne vicende, andando in parte perduta o variamente dispersa
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