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Editoriale
pag. 3 |
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Archivio e Conservazione |
Lusini Sauro |
Problemi di una cultura della conservazione. Gli archivi fotografici
pagg. 4 - 13
abstract
Alcune riflessioni di ordine metodologico sui problemi attinenti la pratica della conservazione, la preparazione del personale, l’adeguamento dell’azione degli uffici ai compiti della tutela. L’analisi prende spunto dalle tesi esposte al convegno “Materia e tempo della fotografia” celebrato a Prato nel maggio 1985 in concomitanza con l’apertura al pubblico dell’Archivio Fotografico Toscano. Si parla in particolare degli ambienti per la conservazione e delle condizioni alle quali debbono soddisfare, dell’importanza di conoscere le tecniche e i materiali nonché di formulare diagnosi corrette sui danni a loro carico, della prevenzione, manipolazione e messa in sicurezza, dei vantaggi derivanti dall’impiego delle moderne tecnologie informatiche
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Fondo Domenico Coppi |
Romagnoli Sergio |
La discrezione di Domenico Coppi
pagg. 14 - 23
abstract
Il profilo umano e artistico di Domenico Coppi, formatosi come fotografo alla scuola dei Brogi e degli Alinari, trasferitosi a Prato agli inizi del Novecento dove svolse la propria attività professionale, particolarmente significativa come ritrattista, rilevando lo studio che era stato di Germano Salvi
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Redazione di «AFT» |
Nota
pagg. 24 - 25
abstract
Descrizione del fondo di fotografie di Domenico Coppi, costituito in prevalenza da negative su lastra di vetro, conservato dall’Archivio Fotografico Toscano che lo ha acquisito da Alfredo Ranfagni allievo poco più che bambino di Coppi presso il quale lavorò per oltre un decennio
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Goti Oriana |
La fotografia professionale a Prato tra Otto e Novecento
pagg. 26 - 37
abstract
Domenico Coppi e lo studio che aprì agli inizi del Novecento in un palazzo appositamente costruito nel centro storico di Prato rappresentano il momento centrale nella ricostruzione delle vicende e degli autori che segnarono l’avvento e l’affermazione della fotografia nella città laniera. Altri personaggi lo avevano preceduto, tra questi Germano Salvi e Giorgio Wood, ma fu soprattutto nel Novecento che il numero dei praticanti aumentò. Si ricordano Martino Meucci, Brunetto Conti, Ugo Deprez e Ugo Sadun tra i dilettanti, mentre tra i professionisti: i fratelli Coronaro, Giuseppe Paoli, Adolfo Massai, Armando Badiani, Alimo Calamai. Di Coppi sono ricostruiti i rapporti professionali e le amicizie, soprattutto nell’ambito della borghesia cittadina con riferimento alla Società dei Misoduli di cui era socio
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Metodi, Storia e Fotografia |
Tempesti Fernando |
L'invenzione di una fatalità
pagg. 38 - 41
abstract
La tesi che l’autore sviluppa è che la fotografia “usa come segno le cose reali” ma così facendo “si sovrappone e fa violenza alla loro identità segnica, in parte trasformandola, per via di combinazioni e sintesi col suo segno, e in parte negandola, quella che non gli serve”. Con questo l'augtore contrasta in parte le conclusioni alle quali perviene Diego Mormorio in "Una invenzione fatale. Breve genealogia delle fotografia"(Palermo, Sellerio 1985) per il quale la fotografia è da ricondursi nell’alveo della cultura greca e del modo di intendere le immagini che le era proprio come riproduzione del reale, distinguendosi e differenziandosi dalla cultura egizia. Su queste premesse sviluppa poi alcune considerazioni riguardanti l'essere (affermazione del segno fotografico) e il non essere (negazione del fotografato) della fotografia
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Cardini Franco |
Lo storico e l'obiettivo
pagg. 42 - 45
abstract
L’analisi muove da una constatazione che è allo stesso tempo una presa d’atto: gli storici attribuiscono alla fotografia una funzione sussidiaria e documentaria mettendola su un piano analogo ad altre fonti iconografiche. Le cose però non stanno in questi termini, perché se è vero che la fotografia è specchio della realtà è altrettanto vero che lo specchio per definizione si caratterizza come fiera delle vanità e delle apparenze. Da ciò consegue il carattere di “oggetto magico” che la fotografia interpreta e che di fatto ne smentisce la presunta e decantata obiettività: non già documenti sono le fotografie, ma lettura di documenti, non fonti ma elaborazioni di fonti
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I Nostri Antenati |
Jarro (Giulio Piccini) |
Tutti fotografi
pagg. 46 - 47
abstract
Una gustosa testimonianza, tra la riflessione antropologica e la nota di costume, a firma di Jarro (nome d’arte dello scrittore Giulio Piccinini nato a Volterra nel 1849 e morto a Firenze nel 1915), sulla diffusione della fotografia e sugli effetti prodotti dal suo irrompere nella vita sociale, sconvolgendo comportamenti e abitudini con la mania che prende in gran numero, uomini e donne, di farsi ritrarre nelle più svariate occasioni e circostanze o di diventare fotografi
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Mangalaviti Lirio |
Germano Salvi tipografo editore e fotografo
pagg. 48 - 51
abstract
Germano Salvi, segretario dell’Unione Democratica e membro di numerose associazione, fu esponente della punta più avanzata del liberalismo pratese. Qui è ricordato per essere stato tra i primi a dedicarsi alla fotografia che praticò in collegamento all’attività di tipografo. Editore per un certo periodo della “Camera Oscura”, iscritto alla Società Fotografica Italiana, prese parte attiva alle varie iniziative che la Società promosse, viaggiando in Italia e all’estero, ma anche dividendo con i soci occasioni istruttive e di svago come la passeggiata alla Rocca di Vernio qui riportata nella descrizione fatta dal professor Golfarelli per il Bullettino. Vi presero parte, tra gli altri, A. Corsi, V. Alinari, F. Nathan, O. Parenti, C. Cataldi, O. Granchi, S. Piancastell
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Baldi Alberto |
Uso e valenze del ritratto nelle scienze antropologiche
pagg. 52 - 57
abstract
Analisi in chiave demo-antropologica delle fotografie tramandate di Domenico Coppi con alcune riflessioni di metodo sui criteri che dovrebbero guidare ogni azione finalizzata al recupero e ordinamento delle raccolte, onde evitare di farne la riproposizione, acritica e indigesta, di immagini eterogenee per contenuti, valore documentario, datazione, cronologia e tecnica. Viene preso come punto di riferimento il genere “ritratto” in quanto, più di altri, “rappresentativo” delle “foto d’archivio”. L’autore parla anche delle tecniche di ripresa messe a punto in campo antropologico e ricorda il dibattito che si sviluppò a partire dall’Ottocento al quale presero parte, tra gli altri, Paolo Mantegazza, Enrico Hillyer Giglioli, Enrico Morselli, Umberto Ellero
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Prove di luci per un ritratto |
Tempesti Fernando |
Piero Becchetti
pagg. 58 - 61
abstract
Fine e scrupoloso "connaisseur" tra quanti in Italia si sono occupati di fotografia e storia della fotografia, Piero Becchetti viene qui ricordato oltre che come autore del volume "Fotografi e fotografi in Italia" per le collaborazioni alle “Strenne dei Romanisti” dedicate ad aspetti del costume e della storia relativi alla città di Roma
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Qualche libro |
Tempesti Fernando |
Visti e scritti
pagg. 62 - 63
recensioni
P. Berengo Gardin, Vie del ferro. Electa, 1985; V. Andreoli, L'Africa della Mezzaluna, Electa, 1985
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Tempesti Fernando |
Rodin e i suoi fotografi
pagg. 63 - 64
recensioni
Les Photographies de Rodin
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Tempesti Fernando |
Citando citando
pag. 63
recensioni
Doctor Pencil & Mister China. Bologna, Cooperativa culturale Giannino Stoppani
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Tomassini Luigi |
Photographies
pagg. 64 - 67
recensioni
Photographies, settembre 1985
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Tomassini Luigi |
Un diario fotografico
pagg. 67 - 69
recensioni
Diario fotografico del marchese di S. Giuliano. A cura di G. Giarrizzo
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Antichi e difficili |
Miniatelli Mario |
pagg. 70 - 71
recensioni
C. Levi, Un volto che ci somiglia. Ritratto dell'Italia, Fotografie di J. Reismann. Torino, Einaudi, 1960; A. Donné - L. Foucault, Cours de microscopie complémentaire des études médicales. Anatomie microscopique et physiologique des fluides de l'économie. Parigi, J. B. Baillière, 1845.
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Appedice e Documenti |
Redazione di «AFT» |
Nota
pag. 73
abstract
Scheda tecnica dell'album anonimo "Prospettive del Penitenziario di Volterra. Fotografie
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Guarnieri Patrizia |
Prospettive del Penitenziario di Volterra
pagg. 74 - 79
abstract
Sei vedute del Penitenziario di Volterra riunite in album, eseguite presumibilmente intorno al 1880 da anonimo, quasi certamente un detenuto, offrono il pretesto per ricordare fatti ed eventi tristi come la storia del conte Giuseppe Maria Felicini di Bologna. Ciò che colpisce nelle foto, ove si escludano le didascalie, è la mancanza di ogni riferimento alla vita di pene che si conduceva all’interno del penitenziario, negli spazi non mostrati, dove i detenuti, per disposizioni carcerarie, vivevano in completo isolamento con la sola eccezione di ricevere “visite moralizzanti”
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